Già, perché?
E' il 48 che di solito viene associato al morto parlante nelle cabale smorfiose di rito. Ma si sa, i morti non parlano. Però, come accade a volte nel fumetto, il senso spesso e volentieri viene stravolto.
A questa regola non sfugge il duo Ferri/Amedei. A partire dal titolo, per proseguire, come scoprirete seguendo le dis/avventure di Corrado, protagonista di una vicenda che lo sceneggiatore Alessandro Ferri definisce comico/grottesca.
Io aggiungerei anche surreale, se la realtà non avesse già da tempo superato, in certi suoi aspetti, di gran lunga tale categoria.
La trafila burocratica a cui è costretto a sottoporsi Corrado per poter dipartire, ne ha tutto il sapore. Chi non ha mai subito l'insostenibile spreco di tempo che code, burocrazie e scartoffie ci infliggono? Ferri fa girare il meccanismo aumentando il numero di giri fino a confezionare, complice Amedei ai disegni, un racconto che si muove tra non sense e una spietata, ma non troppo, critica sociale.
Un filone comico surreale che da tempo non affiorava in un fumetto made in Italy, polarizzato da anni tra introversione autobiografica e avventurismo popolare di genere.
Con 48 morto che parla, Ferri e Amedei prendono in contropiede, in piena coerenza stilistica, questa tendenza che viene avanti da ormai troppi anni nel panorama a strisce nostrano, e realizzano un racconto "comico e grottesco", per tornare alla definizione del suo autore, che procede in modo lieve e divertito. Ma che induce a riflessioni più generali sul nostro stile di vita.
Resto in attesa dopo questo primo passo della prossima mossa che i due autori faranno per prenderci ancora una volta, spero, di sorpresa. Perché questo e ciò che ci si aspetta ogni volta che si inizia la lettura di un fumetto.
Onofrio Catacchio
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